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  Rurik Coboldi
  Tusanzoq
Racconto [44] [Da: Geografie impossibili, silloge di racconti]
     
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Dialogo tra Kamàro l'Esorcista e Ugru l'Inquisitore

Kamàro: "ti avviso: non mi provocare oltre... o per te potrebbe finire molto male!"
Ugru: "che fai? Osi minacciarmi?... GUARDIE!"
Kamàro: "Nostro Signore ci manda il male ma, essendo sempre equilibrato, insieme ci manda anche la cura."
Poi:
alzando la mano sinistra con l'indice ed il medio dritti - ad indicare le gambe di Cristo sulla Croce - le altre dita ripiegate come se benedicesse e badando a scandire bene le parole, fissando Ugru con occhi tremendi quasi ferini...
"In Signo Gorgonis: Egò te Exorcizo!"
Ugru svenne e Kamàro scomparve.

Si racconta che Ugru, da allora, fosse tormentato da incubi terribili di inferni senza fine che non lo lasciavano dormire la notte e lo facevano delirare di giorno.
Ugru, pochi mesi dopo, morì stroncato da un misterioso male.
Di Kamàro si persero per sempre le tracce.

Digressione sui Cavalieri Gorgonici
Ordo Gorgonico
I Cavalieri Gorgonici spuntano improvvisamente dalle radici della storia.
Vengono dal nulla e vanno verso il nulla.
Indagatori dell'ignoto, sono sempre stati.
Il loro simbolo è la Gorgone - la verità che pietrifica -.
I Cavalieri Gorgonici cavalcano le stelle
E l'universo è il loro tempio.

Così Tusanzoq si presentò agli allievi invitandoli a commentare il dialogo e la digressione - come aveva fatto, un tempo, il suo Maestro con lui -.
Di quell'evento ancora ricordava il momento in cui stava disteso sul pavimento e quando, in ginocchio, con le mani giunte e protese in avanti cercava di afferrare una striscia di luce molto esile che il sole lasciava filtrare dalla finestra - ciò lo rivelò soltanto molti e molti anni dopo -.

"Se l'uomo sconfiggesse completamente il dolore, la sua capacità distruttiva sarebbe devastante perché nulla lo potrebbe più trattenere. Sarebbe come se uccidesse la voce della propria coscienza."

Così Tusanzoq spiegò ai discepoli l'importanza ed il significato del dolore nel mondo e nel cosmo tutto.
(...)

"Io ho sempre conosciuto Azhet, anche se non sembra. Come il sole conosce la luna così io conosco Azhet.
Se la realtà percepibile è soltanto un decimiliardesimo dell'esistente: noi cosa siamo?
Chiamiamo perciò questa realtà, usando un'espressione fhomor, "nhaqhal" - giusto per darle un nome -."

Così si espresse Tusanzoq a riguardo delle Divinità Velate.
(...)

"Dovete tener presente che la scrittura è una forma di magia ed esercita un particolare incantamento ed una sua particolare malìa" disse Tusanzoq ai discepoli.
Poi soggiunse: "questo tipo di magia o malìa permette la trasmissione del pensiero mediante il segno. State perciò attenti a cosa pensate mentre scrivete" ammonì. "quattro sono i tipi di scrittura: di terra [1], di fuoco [2], d'acqua [3], d'aria [4], quest'ultima è molto simile alla parola ed al suono." Concluse.
(...)

"Tutti quelli che hanno visto il mio vero volto sono morti. Non riuscivano a reggerne lo sguardo."
Così disse Tusanzoq a proposito del mostrarsi.
(...)

"Da reincarnazione a reincarnazione, tra inondazioni e flutti, tra belli e brutti, vaga lo spirito mio."
Così disse Tusanzoq a proposito di sé stesso.
(...)

Un giorno Tusanzoq parlò e chiese ai discepoli se nel loro cuore albergasse un qualche desiderio particolare.
Una discepola si fece avanti e Tusanzoq così le disse: "ho intenzione di farti un dono speciale. Avvererò tutti i tuoi desideri. Tutti, anche i più riposti."
La discepola ebbe, come in un lampo, la visione di tutti i suoi desideri avverati - anche di quelli più nascosti -.
Scoppiò allora in lacrime. Si inginocchiò ai piedi del maestro e rifiutò il dono.
Tusanzoq tacque.
La discepola, successivamente, diventò una grande asceta e continuò gli insegnamenti del maestro anche dopo la morte di Tusanzoq.

"In verità non mi sono mai abituato alla forma umana."
Chiusa della lezione di Tusanzoq a riguardo degli alieni e della vita in altri mondi.
(...)

Così disse Tusanzoq: "voi credete veramente che la conoscenza si possa acquistare col denaro? Credete davvero che basti pagare e frequentare un corso per ottenere l'illuminazione?" Continuò poi: " allora voi credete che basti procurarsi arco e frecce per diventare un arciere! Vergogna! Quest'errore non lo commettono neppure i bambini." Ammonì.
Detto ciò, frustò i discepoli facendosi pagare un sacco di riso per ogni frustata da loro ricevuta.
Alcuni discepoli, rimasti senza mezzi per procacciarsi i sacchi di riso, si accigliarono molto.
Tusanzoq li percosse cinque volte più degli altri e li cacciò a calci dall'ashram dicendo loro: "non abusate della misericordia del maestro!"
Quei discepoli non osarono più avvicinare Tusanzoq e cercarono invano di carpirne gli insegnamenti spiandolo da lontano.
Tusanzoq donò ai poveri i molti sacchi di riso raccolti dicendo: "a volte è possibile dal male estrarre il bene... ma state attenti perché è anche possibile il contrario."
(...)

"Ricordate" disse Tusanzoq "non esiste soltanto quello che conoscete. Esiste anche quello che non conoscete."
(...)

Quel giorno Tusanzoq parlò del potere e così disse: "..."
Stette per tre ore filate completamente muto al termine delle quali concluse:
"l'unico potere che io conosca è quello del silenzio."
E tacque per altre quattro ore.
Poi si alzò, salutò i discepoli ad uno ad uno come era uso fare - con un ineffabile inchino - e se ne uscì dalla sala.

"Quando mi si accusa di essere amante del potere, al punto da ricercarlo a qualunque costo e sopra ogni cosa, io così rispondo: "io non ricerco simili cose inquantochè il potere, quello vero, ce l'ho già."
D al discorso di Tusanzoq rivolto ai detrattori ed ai calunniatori della sua persona.
(...)

"Ricordatevi bene" disse Tusanzoq "io non sono colui che si prega. Con me non servono le preghiere."
Poi soggiunse: "Se voi conosceste la vera natura dell'universo non sareste venuti qui... neppure strisciando da dove provenite fino al mio ashram e da lì ai miei piedi."
Indi, riflettendo per un attimo lungo come la storia dell'uomo, concluse: "Andatevene o vi farò divorare dalle vostre stesse paure perché l'ignoranza non è mai, sottolineo mai, una giustificazione."
Dalla lezione del maestro sull'ignoranza.
(...)

"Coloro i quali hanno sperimentato la mia ira... ahimè... non sono in grado di poterlo raccontare."
Così rispose Tusanzoq a chi gli chiedeva di dare prove testimoniali dei suoi scatti d'ira - che fortunatamente erano molto rari -.
(...)

Ecco quanto ho potuto raccogliere dalle testimonianze della vita del maestro. Purtroppo ciò è molto poco, ma una scheggia di roccia lasciata cadere dai sandali del maestro nel suo incedere ha per me più valore, possanza e grandezza, delle più alte montagne.
Porgendo queste umili ricerche - fatte dal suo più umile ed ultimo dei suoi discepoli - mi permetto di fare una cosa che il maestro non avrebbe mai fatto e per la quale sarei stato giustamente rimproverato con asprezza: "scusate se le vostre orecchie si sono sentite offese."

Bharong il mendico


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[1] i colori
[2] cioè fatta con la luce - fotografia, eliografia [usando la luce del sole in modo da creare opportune bruciature] etc.
[3] l'inchiostro
[4] la musica


   
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