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QUANDO Moreno uscì da quella porta sentì lo stomaco fargli male. Come se avesse ricevuto un cazzotto. Gli mancò il respiro per un attimo e si piegò in due. Era come se stesso morendo, o almeno questa era la sensazione che provava. Se non avesse ricominciato a respirare entro tre secondi, sarebbe davvero stramazzato al suolo. Ce la mise tutta, Moreno. Emetteva dei sordi rantoli. Poi finalmente iniziò a pigliare aria e a buttarla fuori. Si stava riprendendo. Tutt'a un tratto si toccò il naso. Un rivolo di sangue gli colava sulle labbra. Iniziò a camminare. Una pedata e una strusciata, una dopo l'altra e poi ancora. Era stanco, Moreno. Dannatamente stanco. Però doveva arrivare alla macchina. Quando il mattino dopo si svegliò nel letto, aveva un fottutissimo mal di testa. Di quelli che ti spaccano in due. Si girò molto lentamente. Riconobbe la figura di Lella che gli dormiva accanto. E questo lo tranquillizzò. Anche se per i primi venti secondi non sentì nulla. Solo l'enorme, incolmabile solito vuoto del risveglio. Guardò l'orologio al polso. Le dodici e quaranta. "Che cavolo ti è successo?" indagò Lella. Allora si guardarono. Si guardarono un po'. E Lella pensò che non aveva mai visto, in tutta la sua vita, qualcosa di più bello del suo ragazzo. Pensò che era uno scandalo permettere che si bruciasse in quel modo. "Ehi, ti ricordi la prima volta, quando lo abbiamo fatto?" riprese Moreno, quasi leggendoglielo dentro. Nello stesso istante in cui Moreno disse quella cosa, Lella si rese conto che lui parlava in un modo che non era il solito; cui lei perlomeno non era abituata. E adesso, che lei era lì a cercare le parole fissandolo negli occhi, sentiva una gran voglia di fare l'amore. Questo non l'aiutava di certo a capire. Sembrava tutto così complicato, così lontano, irraggiungibile… Tutt'a un tratto smise di fissarlo e si girò, visibilmente turbata. "Perché hai sentito il bisogno di farlo di nuovo?" chiese Lella, sottovoce. Come se le parole uscissero a fatica. Lella aveva paura di sapere, ma anche paura di non sapere, che Moreno smettesse di raccontare e si chiudesse nei suoi silenzi angoscianti, paura che si umiliassero... Insomma Lella aveva paura di perderlo. Moreno non rispose. Rimase in silenzio per un momento, di quelli interminabili per Lella. All'improvviso Moreno si chinò verso di lei e sorrise con complicità. Dopo gli morsicò leggermente la coscia. Poi gli baciò la spalla e con la punta dell'indice della mano destra gli tracciò una linea lungo la colonna vertebrale. Lella emise un piccolo gemito e si stiracchiò. Lella si sentì tremendamente stanca. Non c'era altra via di fuga che dargli di nuovo credito. Solo cancellando il passato poteva ricominciare. Ma Lella era anche stufa di colpi di spugna. Eppure mai come in quel momento doveva amare Moreno e avere fiducia in lui. Per quanto le facesse male, doveva ancora una volta incassare il colpo, accettare con umiltà che lui racchiudeva dei misteri ai quali non poteva accedere. Doveva smetterla. Almeno tentare di farlo. Doveva solo amarlo. Sì, amarlo.
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