¬ SPAZIO AUTORE
 
¬ © COPYRIGHT
 

 

  Antonio Granci
  La voce
Racconto [10]

 

     
--------------------
¬ COMMENTI [0]
--------------------
¬ TORNA SU
 

IL DOTTOR G. compose il numero di telefono e chiamò. Lanciò un'occhiata attenta alla bambina che era seduta di fronte a lui, sforzandosi di apparire il più sereno possibile.
I genitori della piccola paziente stavano dietro, a debita distanza, occupando i due estremi opposti della sala visite. Il disagio era palpabile. Nonostante avesse ormai alle spalle diversi anni di professione, il dottor G. non sapeva sottrarsi all'inquietudine che simili eventi gli provocavano: il disagio di un bambino come reazione agli attriti dei genitori. Guardò ancora la piccola e annotò mentalmente il rapido ammiccamento dei suoi occhi. E un sorriso triste.
La comunicazione che si aprì attraverso la linea telefonica, lo strappò improvvisamente dai suoi pensieri. Lo raggiunse una voce caldissima.

"Pronto?" Voce di donna soffusa, quasi bisbigliante, di una sensualità travolgente.
Il dottor G. reagì con prontezza.
"Buonasera - disse - sono il dottor G, il medico di famiglia, cercavo la dottoressa A."
"Sono io!" Stesso timbro di voce. Stesso tono morbido. Stessa sensualità.
Per un attimo G. pensò di aver sorpreso la collega nell'immediatezza successiva ad un amplesso amoroso. Sorrise tra sé e ricompose la sua attenzione.
"Volevo parlarle di una mia piccola paziente che ora è qui, con i genitori, davanti a me".

G. aveva pensato di chiedere una consulenza alla collega neuropsichiatra, esperta di disturbi dell'età evolutiva. Ricordava altri due casi simili risolti brillantemente da lei, che non aveva mai avuto l'opportunità di incontrare di persona, ma solo attraverso comunicazioni scritte, senza conoscerne mai il volto. E la voce.
Proprio quella voce, adesso, lo stava catturando nell'intrigante vortice dell'immaginario.

"Qual è il problema?" Ancora dolcezza, anche se con una punta in più di autorevolezza.
"La piccola presenta un tic, un ammiccamento ripetitivo degli occhi. Pensavo di farla valutare da lei".
Silenzio breve. Il dottor G. attese con ansia il nuovo incanto della voce.
"La vedrò volentieri".
Perché quella tonalità così bassa? Era per non disturbare qualcuno?
"Posso far telefonare per fissare un appuntamento?" chiese G.
"Assolutamente sì. Le darò il numero, poi se lei vorrà ci risentiremo per discutere del caso".
"Sì, grazie dottoressa, ci risentiremo sicuramente".

Il dottor G. si annotò il numero di telefono indicatogli dalla collega e chiuse la comunicazione. Riprese i contatti con le tre persone, i due adulti e la bambina, che aveva di fronte e che avevano assistito in silenzio alla conversazione telefonica.
Erano soddisfatti del suo comportamento - si chiese il dottore - oppure qualcosa non li stava convincendo? Lui, come il solito, si sentiva in pace con la sua coscienza.
Aveva visitato la piccola, si era impegnato per escludere personalmente eventuali cause organiche del disturbo poi, com'era giusto e doveroso, aveva affidato la sua paziente ad una professionista più esperta di lui nella risoluzione di quel determinato problema.
G. pensava di aver agito correttamente e per questo congedò i presenti non senza averli prima rassicurati su tutto quello che sarebbe stato fatto. Nell'atto di uscire incontrò gli occhi della piccola. Osservò il ripetitivo movimento delle palpebre e un'espressione contrita che sembrava dire: "salvami!". Oppure semplicemente: "aiutami!".

Si apprestò quindi a continuare il suo lavoro in ambulatorio che lo occupò per altre tre ore. Alla fine, non appena l'ultimo paziente se ne fu andato, si sfilò con lentezza e soddisfazione il camice, una specie di rituale che accompagnava sempre la stanchezza di tutto un giorno di lavoro. Fu allora che ripensò a quella voce di donna che lo aveva intrigato così fortemente nelle ore precedenti. Chissà com'era, in realtà, fisicamente, la dottoressa A.
Si ricordò che una volta un collega gliene aveva parlato come di una donna molto bella, ma, di fatto, senza descrivergliela. Non sapeva dire, quindi, se fosse alta o minuta, magra o prosperosa, bionda o bruna, con gli occhi chiari come il cielo d'estate o ambrati come le sere di certi villaggi dei Carpazi che aveva visitato in passato. La cosa lo incuriosì a tal punto da farlo sorridere, e da fargli dimenticare per un attimo l'appartamento da scapolo incallito che lo aspettava, silenzioso e sobrio, per terminare il giorno. Sorrise G. anche perché chissà, forse conoscendo la dottoressa...
Ma non c'era più spazio, nella sua vita, per l'amore. Aveva deciso da qualche tempo di dimenticarlo e di relegarlo in un angolo celato dell'anima, come si fa con una cosa inutile appoggiata in un luogo nascosto per non esserne disturbato.
Si avviò verso casa.

Alcuni giorni dopo, mentre si trovava nel suo studio a redigere una relazione clinica per un paziente, sentì squillare il cellulare.
Non appena rispose si ritrovò nuovamente immerso nel contatto piacevole della voce che fin dall'inizio lo aveva affascinato.
"Sono la dottoressa A." gli disse la voce, con una delicatezza e una sensualità che risvegliarono in lui tutte le sensazioni della volta precedente. Il tono era sempre soffuso, caldo, coinvolgente.
"Buon giorno dottoressa. Mi dica pure".
"Volevo dirle che ho visitato oggi la sua paziente".
"Cosa ne pensa?"
"Si tratta sicuramente di un disturbo emotivo, non sostenuto da nessun'alterazione organica. Penso che sia collegabile alla conflittualità che si è creata tra i genitori".

Come sapeva dire bene le cose, la dottoressa, possedeva senz'altro un'anima quieta e sincera per animare una voce così suadente e delicata.
I due interlocutori parlarono ancora a lungo del caso. Poi, come lo scatto di un meccanismo programmato per mettersi in funzione proprio in quel momento, la dottoressa disse qualcosa destinata a cambiare l'ordine degli eventi successivi.

"Se vuole potremo riparlare del caso personalmente, magari in occasione della prossima visita della sua paziente".
"Magari, certo".
G. prese coraggio. "...e potremmo incominciare a darci del tu, se sei d'accordo".
Lieve sorriso e solita voce caldissima.
"Va bene, con piacere".
Il dottor G. provò un profondo senso di compiacimento, ma non fece tempo ad assaporarlo, perché ancora una volta la sensualità della voce lo travolse.
"Potremmo vederci martedì prossimo, alle dieci, dopo che avrò rivisto la tua piccola paziente".
"Verrò sicuramente" assicurò G.
"A martedì, allora".
"A presto".

G. si sentì pervaso da una specie d'entusiasmo giovanile e proprio adesso che, alla soglia dei cinquant'anni, sembrava ormai divenuto immune alle emozioni forti.
Martedì avrebbe conosciuto la persona che possedeva quella voce straordinaria. Che tipo di donna si sarebbe trovato di fronte?
Tutto ciò che non conosciamo possiede l'enorme privilegio di essere disegnato dalla nostra fantasia. L'idea che G si sera fatto della dottoressa era quanto mai seducente. Sognava di incontrare una donna dalla bellezza fuori del comune, decisa ma dolce, amorevole quanto determinata nel suo lavoro, straordinariamente affascinante.

Il martedì successivo si recò all'appuntamento con la trepidazione di un adolescente. Raggiunse l'edificio dove era dislocato lo studio della dottoressa A.
Raggiunse la stanza d'attesa, vuota e accogliente, trovando subito, con lo sguardo, la porta chiusa della sala visite. La dottoressa era all'interno. Sentiva la sua voce sommessa attraversare le pareti con una penetrante delicatezza. Si avvicinò e bussò discretamente.
Quindi, dopo aver abbassato la maniglia, si apprestò ad entrare.

 

   
    ¬ INVIA UN COMMENTO    
www.isogninelcassetto.it è un dominio registrato - update: 11/11/2008
© nome e logo depositati - sono vietati l'utilizzo e la duplicazione senza autorizzazione degli aventi diritto
sito amatoriale senza scopi di lucro, autofinanziato e autogestito in modo non periodico