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  Claudio Cisco
  Laila
Racconto [39] [Racconto lungo - prima parte]
     
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Un racconto appassionato e intenso, a tratti tenero e struggente.
Un ragazzino solitario e introverso, una giovane donna disinibita e spigliata mossi dallo stesso desiderio: conoscersi a fondo e sperimentare nuove emozioni.
L'autore, con umana comprensione e senza mai scadere nella volgarità, scruta, indaga, penetra l'animo umano, mette in luce sentimenti e debolezze, coglie e svela ogni pensiero con finissima introspezione.
[CLAUDIO CISCO]

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Dicono che le storie d'amore tra persone di età differente, siano destinate a fallire in breve tempo e si presume non abbiano prospettive future di alcun tipo ma io, della mia Laila molto più grande di me, conservo ancora il ricordo, ed è il ricordo più bello di tutta la mia vita.

Tutte le ragazze o donne che ho immaginato di possedere o che ho avuto realmente nel corso della mia esistenza, messe insieme, perderebbero nettamente il confronto con lei, Laila, il mio sogno proibito, il mio desiderio peccaminoso, il diavolo vestito d'innocenza, la malizia   più sfrontata che si sposa con la tenerezza più disarmante; colei che detiene il potere ancestrale di unire in simbiosi inferno e paradiso, angeli e demoni, fiamme e virtù.

Dicono inoltre che i rapporti intimi consumati o vissuti in età troppo immature, possano segnare negativamente e per sempre un essere umano; ma io, solo grazie alla vicinanza del corpo di Laila, son diventato poi un artista creativo, una specie di "alieno", un sensitivo, profondissimo nella sensibilità e nello spirito. La sua carica erotica, la sua potenza ammaliatrice meravigliosamente devastante, mi hanno reso vivo nel corpo e ancor più nella mente. Dietro l'apparenza d'una opprimente angoscia e della mia inguaribile solitudine, emerge prepotente un flusso inarrestabile di energia vitale, indomabile e che non conosce limite.

Avevo compiuto da poco quattordici anni quando lei senza preavviso prese possesso della mia vita come una spada affilata conficcata dentro la mia tenera carne, fragile rivestimento d'un corpo ancora impubere.

In quel tempo lontano, ricordo adesso che ero sempre triste, a dispetto della mia giovanissima età. Tremendamente malinconico ed introverso, solo e senza amici, possedevo però già da allora in me, l'embrione di quello che sarei diventato dopo, crescendo, e quel che è accaduto con Laila, non ha fatto altro che rendermi consapevole della mia vera natura, quasi come se il destino me l'avesse mandata apposta per affrettare i tempi di questa mia consapevolezza e per incitarmi a non reprimerla facendomi del male, annullando me stesso.

Non avevo avuto una ragazza fino a quel momento, non conoscevo ancora l'intensa emozione del primo bacio, gli elettrizzanti brividi che scaturiscono dal contatto con un corpo diverso dal mio che già avevo imparato a conoscere bene attraverso le mie continue ed intime carezze solitarie.

Uno strano ragazzo ero io, e forse in parte lo sono ancora, e chissà se è stato esclusivamente per questo motivo che il destino, beffardo, a voltre crudele, altre ironico, si è premurato di far accadere gli eventi al momento giusto ed usando la persona adatta affinchè i suoi disegni trovassero realizzazione, ennesimo copione di uno strano ed incomprensibile teatro che è la vita, con i suoi attori mascherati che si muovono come marionette appese a fili ingarbugliati, senza identità e senz'anima, nel crudele gioco della vita e della morte, tra cause ed effetti, credendo di operare secondo il proprio libero arbitrio ma in realta resi intelligentemente schiavi da qualcosa o qualcuno che nessuno conosce ed è in grado di definire. La mia deliziosa ed accattivante Laila non era altro che la figlia di questo destino e come tale doveva obbedirgli.

Ero seduto su una panchina di "villa Dante", uno spazio di verde molto grande situato nei pressi del centro di Messina, la mia città. Potevano essere circa le 2 o forse le 3 del pomeriggio, non ricordo bene con esattezza ma era un orario nel quale a me piaceva e piace ancora molto, uscire per camminare un po' per le strade. Ricordo anche che era un giorno di primavera inoltrata con una temperatura abbastanza mite ed un'aria fresca, gradevole da essere respirata. Vi era il sole, il cielo si mostrava azzurro ed anche il verde del parco, l'ombra degli alberi col sottofondo del cinguettio degli uccellini sul nido, in armonia con la serenità della natura, sembravano richiamare alla vita e forse all'amore.

Mi trovavo in uno stato di assoluta calma, quasi irreale, assorto in enigmatici pensieri, con la testa tenuta fra le mani e lo sguardo assente rivolto fisso in giù verso il terreno, cosparso di foglie. A prima vista, a chiunque fosse passato per caso di lì in quel momento, potevo benissimo dare l'impressione di un ragazzino perdutamente solo con i suoi pensieri ed in preda alla disperazione e allo sconforto più cupo ed oscuro senza nessuna possibilità di salvezza, privo di qualunque via d'uscita. Quell'atteggiamento però, paradossalmente, significava interiormente per me, un modo di sentirmi che era esattamente l'opposto di quel che appariva; era per la mia psiche, sinonimo di rilassatezza mentale e fisica, serviva a tranquillizzarmi dentro, mi induceva alla meditazione, alla   libertà creativa dei pensieri.

Fu esattamente in quello stato e proprio in quella posizione che mi vide Laila per la prima volta. Non so spiegarmi ancora adesso il perché si sia avvicinata a me non conoscendomi affatto e quali vere intenzioni o motivazioni l'avessero spinta a farlo né se oscuri e complicati pensieri guidassero la sua mente. So però con certezza che lo fece, purtroppo o per fortuna, e che da quel momento, tutta la mia vita cambiò radicalmente e niente fu come prima: ero segnato ormai! L'uomo bambino che era già   in me, è stato partorito proprio in quell'attimo ed ha visto per la prima volta la luce, per poi diventare , nel corso degli anni, quell'uomo "strano" e "misterioso" che è adesso e che sono certo, rimarrà tale fino alla fine dei suoi giorni.

Sentii, mentre continuavo ad essere immobile e pensieroso a testa in giù, una mano dolce, carezzevole, vellutata, quasi serica accarezzarmi i capelli, avvertii la tenera ed infantile rimembranza di quando, piccolissimo, mi trovavo impaurito fra le braccia amorevoli di mia madre. Quella mano leggera e direi magica che giocava spettinando e ricomponendo con cura la frangetta dei miei capelli, quasi come fosse il tocco di un angelo, si accompagnava poi ad una voce suadente e persino fiabesca, a tratti misteriosa, che contribuiva alla creazione di quell'insolito incantesimo. Rimasi con gli occhi socchiusi per imprimere nella mia mente e nel mio cuore quelle vibranti e intense sensazioni, del tutto inaspettate e mai provate prima, senza la volontà di alzare minimamente lo sguardo nel tentativo di scoprire la fonte di quel benessere, era come se avessi paura di svegliarmi rovinando quel bellissimo sogno, un sogno che però poteva anche cominciare nell'esatto momento in cui mi sarei risvegliato e forse si sarebbe rivelato ancora più bello.

Fu lei e soltanto lei però che interruppe quella magia sussurrandomi all'orecchio: "Cosa c'è che non va?... Perché sei così triste?... Hai l'aria di chi ce l'ha col mondo intero, vuoi parlarne con me?"

A quel punto, d'istinto, alzai immediatamente gli occhi indirizzandoli su lei, cambiando repentinamente posizione ed atteggiamento: mi trasformai infatti in un ragazzino curioso ed attento assolutamente determinato a risolvere il suo complicatissimo rebus mentre il mio sguardo, prima timido ed impaurito, ora, incrociando il suo, si mostrava forte e penetrante come se fossi io l'adulto e non lei.

Siamo rimasti entrambi così: occhi negli occhi, sguardi che si scrutavano in silenzio, menti che cercavano in tutti i modi di capirsi non conoscendosi ancora. E fu proprio nell'incertezza e nell'incomprensione di quegli attimi, che io capii dentro di me chiaramente che, più o meno consapevolmente, mi sarei consegnato completamente a lei, alla sua forza seduttrice, al suo malizioso ed intrigante gioco; avrei dato a quella misteriosa e sconosciuta ragazza, il mio corpo e la mia anima, accettando tutte le possibili conseguenze di una simile ed incondizionata resa, pronto a raccogliere poi tutto ciò che di bello o di tenebroso sarebbe potuto accadermi.  

Come un sesto senso chiaro ed inconfondibile, capii che quella ragazza, molto più grande della mia età, mi avrebbe trasportato con sé in posti inesplorati, sconosciuti, indefiniti, non compatibili con la ragione o con la morale ma, proprio per questo, attraenti e ricchi di fascino dove la libertà dell'istinto e delle sensazioni più intime dell'animo umano, non conoscono limiti, non sanno e non vogliono fermarsi davanti a niente.

Quello che ricordo ancora con meraviglia e tenerezza, è l'amore che io sentii subito per lei sin dal primo sguardo, proprio come un ragazzino alla sua prima "cotta", mi innamorai perdutamente di Laila, nonostante l'enorme differenza d'età, nonostante non sapessi nulla di lei; ma la magia, e insieme la purezza genuina ed originaria di quel sentimento, non possono essere razionalizzati e giudicati per nessun motivo al mondo, perché in tutto ciò che sa di magia, non può entrarvi il reale o la logica.

Ero fermamente convinto che quella ragazza già donna potesse essere e diventare il mio primo amore e quindi, conseguentemente, avrei avuto la possibilità di sperimentare e gustare le emozioni uniche del primo bacio, delle prime intimità, dei primi piaceri fino ad allora solo immaginati. Tutte queste meravigliose ed avvincenti scoperte per un ragazzino ancora totalmente inesperto in quel campo quale ero io allora, sentivo dovevano essere interamente affidate e subordinate alla sua persona, adattissima e meritevole ai miei occhi del ruolo che avrebbe dovuto adempiere; era quella sua straordinaria ed esplosiva figura di giovane donna a darmi questa certezza, e ancora, il suo essere così splendidamente ambigua, un po' angelo e un po' diavolo, dolce e glaciale, comprensiva e sfuggente, vicina eppur mille anni luce lontana: amica, sorella maggiore, amante.

Non fui in grado di rispondere con la voce a quelle sue prime domande che la facevano assomigliare più a una poliziotta che a una fidanzata, la mia volontà nel farlo era annientata dalla sua folgorante bellezza, rapita e vittima del suo misterioso fascino. I suoi occhi, intriganti, indagatori, riuscivano ad emanare ugualmente luce. Il suo corpo mi dava l'impressione di una potentissima calamita capace di attirarmi col suo campo magnetico fortemente a sé a tal punto da dover resistere con tutte le mie forze per non venire risucchiato da lei.

Mi chiedevo con una certa insistenza senza per altro trovare risposte adeguate, il motivo per il quale una ragazza così bella si potesse interessare ad un moccioso come me che in fondo puzzava ancora di latte considerando il fatto che dimostravo circa dodici anni e non ero affatto sviluppato da uomo; ero infatti molto più simile ad un bambino, esile e con i caratteri sessuali non ancora delineati, e per di più un ragazzino fino ad allora sempre solo e dimenticato da tutti che poteva passare tranquillamente sotto le gambe degli adulti senza essere notato. Per tutti questi motivi, per un attimo mi balenò nella mente confusa e disorientata, predisposta sin da allora ad essere preda della fantasia, l'ipotesi che lei non appartenesse al mondo reale e che fosse addirittura un fantasma o facesse parte di un sogno, come una creatura immortale e senza tempo, figlia di pura immaginazione. Ma era troppo vera, troppo seducente, troppo carnale per essere stata inventata da me. Continuavo quindi ad osservarla con una certa insistenza e notavo che lei non ne provava affatto imbarazzo ma anzi, al contrario, si sentiva fiera di sé, si divertiva ad essere scrutata in quel modo da un ragazzino,   era esibizionista assai più di un pavone che mostra le sue grazie.

Guardavo con attenzione e curiosità tutto di lei: i capelli lunghi fino alle spalle, ben pettinati, di colore nero intenso come se fossero stati appena tinti ad arte dal parrucchiere per spiccare ancora di più con quegli occhi celesti dentro i quali ci si poteva perdere tra cielo e mare senza mai più ritrovarsi, in un contrasto di bellezza e fascino da lasciar chiunque la osservasse, senza fiato e senza parole. Anche il suo fisico era perfetto, tale da far invidia alla più sexy delle modelle, era alta, parecchio più di me, con le forme giuste in ogni parte del corpo come se fossero state scolpite appositamente per essere adattate a lei, dal più grande scultore di tutti i tempi. E poi il suo profumo o il suo odore naturale, non saprei, sembravano un tutt'uno: era così irresistibile che anche il più pudico e puro dei maschi esistenti sulla terra, non avrebbe potuto resisterle, credo che nessun uomo vivo potesse rinunciare a lei.

Indossava una camicetta bianchissima come la sua carnagione, una gonna di jeans non troppo corta ed un paio di scarpe da ginnastica anch'esse bianche. Un look tipicamente da teenager che ai miei occhi e non solo, aumentava di molto il suo potere seduttivo che possedeva comunque anche nei gesti e nel modo di fare. Ma sarebbe stata attraente ugualmente in qualunque modo si fosse vestita, anche da zingara o da barbona e specialmente nuda.

Vedendo che io non parlavo affatto e che non avevo ancora risposto alle sue domande iniziali, mi chiese educa-tamente il permesso di sedersi sulla panchina al mio fianco, ed osservando il mio segno di assenso manifestato mimicamente col semplice abbassamento del capo, lo fece immediatamente, in fondo era quel che voleva pur di entrare in un rapporto di confidenza e di dialogo con me.   Mi si sedette accanto tirandosi i lunghi capelli indietro con le mani, portando il petto in avanti, accavallando le gambe ed infine emettendo un breve ma intenso sospiro.

Non so cosa mi prese nella mente e nel corpo in quell'attimo ma di certo fu qualcosa di veramente incontrollabile e insieme sconvolgente: mi ritrovai col cuore che batteva fortissimo all'impazzata, peggio di un tamburo, sembrava volesse scoppiarmi in petto da un momento all'altro, ricordo che pensai subito ad un possibile infarto. Ma era solo uno sconvolgimento naturale, generale però che coinvolgeva, propagandosi a vista d'occhio, ogni parte del mio corpo. Un'eccitazione di gran lunga superiore alla masturbazione o alla visione di giornaletti pornografici o films a luci rosse, tutte sensazioni che avevo già sperimentato in passato. Questa volta si trattava di molto più di una semplice eccitazione, l'adrenalina era a mille, devastante, inebriante, il sangue correva veloce e pareva bollire nelle vene, il respiro diveniva sempre più affannoso, sembrava mi mancasse l'aria, un malessere totale e diffuso ovunque che paradossalmente, aveva i connotati del piacere, non capivo più la differenza fra lo stesso piacere e la sofferenza perché in fondo si trattava anche di sofferenza, non fosse altro perché tutto il mio corpo nella sua totalità stava reclamando ad altissima voce uno sbocco immediato, come se si trattasse di una questione di vita o di morte, uno sbocco che io non potevo e non sapevo dargli.

[FINE PRIMA PARTE]

 

 

   
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